Fino al 5 maggio 2025 è possibile partecipare alla consultazione pubblica per definire il regime di responsabilità estesa del produttore per la filiera del tessile


Lo schema di decreto proposto dal Ministero dell’ambiente e della sicurezza energetica vuole istituire il regime di responsabilità estesa del produttore per la filiera dei prodotti tessili di abbigliamento, calzature, accessori, pelletteria e tessili per la casa al fine di rendere i produttori responsabili della gestione del fine vita dei prodotti immessi sul mercato, promuovendo un modello più sostenibile e circolare ed in particolare:

  • ridurre l’impatto ambientale della produzione e della gestione dei rifiuti dii prodotti tessili;
  • incentivare il riuso, il riciclo e la corretta gestione di rifiuti tessili;
  • responsabilizzare i produttori affinché adottino strategie di eco-design e l’utilizzo di materiali più sostenibili;
  • raggiungere gli obiettivi europei in materia di economia circolare e di riduzione dei rifiuti.

E’ stata quindi avviata nel mese di aprile una consultazione pubblica, aperta a tutti i soggetti pubblici e privati interessati a fornire contributi e osservazioni.

La consultazione pubblica è aperta fino a lunedì 5 maggio 2025; i contributi e le osservazioni sullo schema di decreto dovranno essere compilati secondo la griglia appositamente predisposta ed inviati esclusivamente all’indirizzo di posta elettronica certificata ECB@pec.mase.gov.it, indicando nell’oggetto la dicitura: “Consultazione pubblica EPR tessile” 
Partecipa alla consultazione pubblica EPR tessile


Approfondisci l’argomento sui rifiuti nella filiera tessile

Il report dell’EEA (European Environment Agency) pubblicato nel 2024 evidenzia che nel 2022 abbiamo comprato fino a 19 chili di prodotti tessili – vestiti, scarpe e biancheria per la casa – a testa (2 chili in più rispetto alla precedente rilevazione del 2019), anche a causa del fast fashion e del commercio online che ha aumentato l’accessibilità e la praticità per i consumatori, consentendo: prezzi più bassi, una maggiore varietà di prodotti e procedure più semplici per il reso. Allo stesso tempo, abbiamo buttato nella spazzatura 16 chili di prodotti, portando l’Europa ad un totale di 6,94 milioni di tonnellate di rifiuti tessili.

Dal 1° gennaio 2025 è scattato l’obbligo comunitario per la raccolta differenziata del tessile che, in Italia era già in vigore dal 2022.

Su 12 categorie di consumi domestici – dal cibo alla mobilità, dall’abitare alla salute – l’abbigliamento si colloca al quinto posto in termini di impatti climatici e ambientali. Nella rilevazione EEA, ogni cittadino europeo nel 2022 si è “caricato” sulle spalle un consumo di 523 chilogrammi di materie prime e una produzione di 355 chilogrammi di CO2 equivalente.

I dati relativi al 2023 presentano dei miglioramenti ma ancora lontani dalle percentuali virtuose che l’Italia raggiunge in altri comparti. Il 78% dei rifiuti tessili prodotti in Europa finiscono inceneriti o in discarica (81% in Italia) e il 22%” viene riciclato (19% in Italia). Sono state avviate a raccolta differenziata 172.000 tonnellate di rifiuti tessili (il 7,1% in più rispetto al 2022) con una produzione totale di 900.000 tonnellate annue di rifiuti tessili nel settore urbano. Il dato pro-capite è di 15 chilogrammi per abitante all’anno di rifiuti tessili è allineato con quello rilevato su scala continentale (16 chilogrammi per abitante all’anno).

Ad oggi sembra mancare una “prevenzione” dei rifiuti perché la loro produzione è continuamente alimentata dal fenomeno del fast fashion: acquisti molto più frequenti, minor qualità delle fibre impiegate e quindi minor tempo di utilizzo dei capi.

Il Regolamento Ecodesign 2024/1781 ha stabilito il divieto di distruzione di calzature e capi di abbigliamento invenduti (divieto che progressivamente verrà esteso ad altre tipologie di prodotti) così da cercare di evitare che il 4 – 9% degli indumenti commercializzati in Europa vengano distrutti senza essere mai utilizzati (stima dell’European Environment Agency e che corrisponde ad una forchetta che va dalle 264.000 alle 594.000 tonnellate tra abiti, accessori e scarpe invenduti o restituiti che finiscono in discarica).

Italia ancora leader in Europa ma per i rifiuti urbani bisogna fare ancora di più. Pubblicati “Il Riciclo in Italia 2024” e il “Rapporto rifiuti urbani”


I dati del rapporto “Il Riciclo in Italia 2024” (dati relativi al 2023) – realizzato dalla Fondazione per lo Sviluppo sostenibile e presentato il 13 dicembre a Milano – confermano il primato italiano per quanto concerne il riciclo di rifiuti con 137 milioni di tonnellate di rifiuti avviati a una nuova vita (IT 85,6% contro EU 41%) e il tasso di utilizzo circolare di materia (IT 20,8 % vs EU 11,8%) rispetto alla media europea; indicano inoltre un miglioramento del tasso di utilizzo di materie prime seconde.

Migliora anche il riciclo degli imballaggi (75,3%): con 10,5 milioni di tonnellate di rifiuti da imballaggio riciclati, l’Italia supera i target UE del 2025 (65%) e del 2030 (70%).       
Nel Rapporto vengono illustrati in dettaglio i dati di 19 filiere, per 6 delle quali si superano, al momento superano, i target europei. Bene carta e cartone, acciaio, vetro, alluminio, legno, bioplastiche; in lieve miglioramento le quantità a riciclo effettivo per la plastica (+1,4%), superando il 48% di riciclo degli imballaggi immessi al consumo a fronte di un target UE al 2025 del 50%.  
Approfondisci i dati raccolti per le singole filiere

Ancora molto male il riciclo dei RAEE e la raccolta differenziata dei rifiuti tessili (160.000 tonnellate, circa il 16% dei rifiuti tessili prodotti). Per questi ultimi, l’obbligo di effettuare la raccolta differenziata in Italia è in vigore dal 2022 e sarà introdotto anche a livello europeo nel 2025. Il dato molto basso è dovuto sia alla carenza di impianti di riciclo, sia perché si è in attesa dell’istituzione dei sistemi (consorzi o simili) per l’esercizio della responsabilità estesa dei produttori, quindi del loro supporto finanziario e organizzativo alle raccolte e all’avvio.
Scarica il “Il Riciclo in Italia 2024”

Un discorso a parte merita il riciclo dei rifiuti urbani molto lontano dal target europeo del 65% in vigore dal 2019. Stando ai vincoli europei, dovremmo raggiungere il 55% l’anno prossimo, per poi aumentare fino al 65% del 2035. Per questa categoria di rifiuti, oltre al rapporto “Il Riciclo in Italia 2024” vi è anche un apposito documento presentato dall’Ispra dal quale emergono alcune tendenze positive e storiche criticità.

Nel 2023 la produzione nazionale di rifiuti urbani si attesta a 29,3 milioni di tonnellate, con un aumento dello 0,7% rispetto al 2022, che coincide con l’aumento del Pil. Nei Comuni più popolosi – in tutto 14 con oltre 200 mila abitanti – tra il 2022 e il 2023 si registra una sostanziale stabilità della produzione (il Programma nazionale di prevenzione dei rifiuti ha tra i suoi obiettivi quello di ridurre la produzione di rifiuti urbani del 5% per unità di Pil).

La percentuale di riciclo dei rifiuti urbani (50,8%) in crescita dell’1,6% rispetto al 2022 non è in linea con i target UE. Bene la raccolta differenziata, arrivata al 66,6% su scala nazionale, ma l’aumento dei volumi raccolti non si accompagna a un miglioramento della qualità dei materiali differenziati e permangono gli squilibri tra macroaree:

  • Nord: 73,4%
  • Centro: 62,3%
  • Sud: 58,9%.

Veneto (77,7%), Emilia-Romagna (77,1%) e Sardegna (76,3%) sono le tre Regioni più virtuose. Rispetto al quantitativo di rifiuti urbani avviato a riciclo:

  • > 41% frazione organica,
  • 24,4 % carta e cartone,
  • 13,9% vetro,
  • 6,6% legno,
  • 5,4% plastica.

Il 15,8% rifiuti finiscono ancora in discarica. Entro il 2035 al massimo il 10% del totale dei rifiuti urbani potrà essere smaltito in discarica.
Scarica il rapporto “Rifiuti urbani 2024”