La bussola UE per i diritti delle donne: pubblicata la relazione 2025 sulla Parità di Genere


L’aumento della partecipazione delle donne alla forza lavoro potrebbe creare fino a sei milioni di nuovi posti di lavoro entro il 2050, generando un’interessante opportunità di crescita economica e stabilità; eppure la Relazione 2025 sulla parità di genere pubblicata dalla Commissione Europea lo scorso 8 marzo evidenzia come, nonostante le numerose iniziative europee messe in atto nell’ambito della Strategia per la parità di genere 2020-2025:

  • i progressi rimangono minimi e frammentati tra i settori e tra gli Stati membri,
  • i divari occupazionali e retributivi nell’UE si stanno riducendo ma troppo lentamente,
  • persistono le violenze contro le donne, le norme discriminatorie e gli stereotipi,
  • le donne sono sovrarappresentate nelle posizioni meno retribuite e sottorappresentate nei ruoli di responsabilità.

La Commissione Europea ha quindi presentato la propria tabella di marcia per i diritti delle donne, un’agenda UE – per realizzare pienamente una società basata sulla parità di genere e fornire orientamenti per le misure della prossima gender equality strategy – che intende incidere sulle norme e prassi discriminatorie strutturali della nostra società, per raggiungere:

  •  parità di retribuzione e l’emancipazione economica, 
  • equilibrio tra vita professionale e vita privata,
  • pari responsabilità in materia di assistenza, 
  • pari opportunità occupazionali e
  • condizioni di lavoro adeguate, partecipazione politica, istruzione inclusiva e di qualità.

Si rammenta che, a livello regionale, per le imprese interessate è possibile richiedere la concessione di contributi alle micro, piccole e medie imprese per i servizi di assistenza tecnica e accompagnamento in forma di voucher e per i servizi di certificazione della Parità di Genere UNI/PdR 125:2022 – Anno 2025

Scarica la Relazione 2025 sulla Parità di Genere sella Commissione Europea

Report di approfondimento sul Social Benchmark 2024

Nell’Unione Europea il binomio aziende – diritti umani rappresenta un tema caldo, anche per via della Direttiva sulla due diligence (CSDDD), pubblicata il 5 luglio 2024: le imprese coinvolte sono tenute a esercitare la propria vigilanza non solo sulle operazioni che gestiscono in prima persona, ma anche sulla propria catena di fornitura. Intervenendo per prevenire e affrontare eventuali violazioni. Con il rischio di pagare pesanti sanzioni in caso di inadempienza.

La World Benchmarking Alliance controlla quindi se le SDG2000 esercitano la due diligence sui diritti umani o, quanto meno, i primi step:

  • identificare,
  • monitorare,
  • agire sui propri rischi e impatti. 

L’80% deve ancora cominciare. Soltanto il 6% rispetta tutti e tre gli indicatori (soprattutto le aziende che hanno sede in Europa ed Asia orientale e che operano in settori già soggetti a un monitoraggio più stringente).
Il Social Benchmark 2024 è un report di approfondimento che fornisce un’analisi approfondita in merito alle 2.000 aziende più influenti al mondo (note anche come SDG2000*), valutandole in base alle loro prestazioni in termini di:

  • rispetto dei diritti umani,
  • fornitura e promozione di lavoro dignitoso,
  • azione etica.

attribuendo un punteggio su una scala da zero a 20: il 90% del totale, non arriva nemmeno a 10, mentre il 30% ha un punteggio che va da zero a 2.
Soltanto il 4% delle aziende monitorate garantisce il salario dignitoso (living wage). Meno dell’1% ha fissato un obiettivo specifico per il futuro e circa il 3% si sta impegnando per far sì che anche i fornitori corrispondano salari dignitosi.

Il rapporto approfondisce ulteriormente i principali risultati del benchmark, delineando le questioni chiave e gli inviti all’azione per le parti interessate. Condivide inoltre approfondimenti settoriali e regionali e descrive in dettaglio le opportunità in cui le parti interessate e le aziende possono impegnarsi e collaborare per promuovere una condotta aziendale socialmente responsabile.

In generale, le aziende del Vecchio Continente si posizionano meglio delle altre in materia di diritti umani. Il punteggio medio dell’intero campione sulle varie dimensioni monitorate, raggiunge il 23% (stessa % raggiunta anche dagli Stati Uniti), mentre l’Unione europea raggiunge il 34%. In Europa, il 10% delle imprese monitorate paga il living wage e il 12% richiede ai propri fornitori di conformarsi agli standard dell’Organizzazione internazionale del lavoro (ILO) sugli orari di lavoro. Pur sembrando percentuali contenute, sono le più alte rispetto a qualsiasi altra area geografica.

Tra i Paesi membri del G20, nei quali operano 1.491 delle 2.000 aziende monitorate, il punteggio medio è in linea con quello globale (22%). Argentina, India e Indonesia arrivano al 14%, Arabia Saudita al 10% e Cina al 4%. Al di fuori del G20, le aziende più virtuose sono collocate nel Nord Europa: Finlandia (46%), Danimarca (40%) e Svezia (38%).

Il settore dell’abbigliamento e delle calzature è quello che esce meglio dallo studio della World Benchmarking Alliance, con un punteggio medio del 33%. Potrebbe sembrare insolito, visti i casi pregressi apparsi sui media ma la spiegazione è dovuta al fatto che un brand che si rivolge a un pubblico di massa rischia di più in caso di violazioni. Perlo stesso motivo i settori dell’ICT (tecnologie dell’informazione e della comunicazione) e il retail (commercio al dettaglio) raggiungono punteggi medi rispettivamente del 30 e del 28%, anche se le performance delle aziende ICT potrebbero essere “sporcate” dalle regolamentazioni in materia di privacy e tutela dei dati, che contribuiscono alla dimensione dell’agire etico.

Di sicuro non mancano gli strumenti o le competenze per tutelare i diritti umani e per raggiungere migliori risultati in futuro.

Scarica il Social Benchmark Insights Report 2024


* Le 2.000 SDG2000, danno lavoro direttamente a un totale di 95 milioni di persone, senza contare tutte coloro che sono impiegate nella loro catena di fornitura. Complessivamente, generano ogni anno entrate pari a 45mila miliardi di dollari, cioè il 45% del prodotto interno lordo (PIL) planetario.